mercoledì 31 agosto 2011

Manovra finanziaria: Lettera aperta all’On.le Angelino Alfano, Segretario Nazionale P.d.L.

             Caro Angelino,
 c’è un tempo per parlare ed uno per agire e credo che per il Nostro Paese sia arrivato il momento di prendere le decisioni giuste senza farsi condizionare dagli interessi di bottega e correndo anche il  rischio dell’impopolarità.
È infatti  autolesionistico continuare ad alimentare uno scontro sui  singoli punti di una manovra che rischia solo di essere una sconfitta per tutti, essendo un provvedimento che fallisce l’obiettivo fondamentale che dovrebbe invece perseguire, e cioè soprattutto quello della  ripresa economica.
Non capisco quali siano le logiche cui si è ispirato il Ministro Tremonti, che ho sempre stimato e difeso, che ha smentito se stesso nel presentare una manovra che avrebbe potuto fare perfino Visco, attenta ai numeri per adempiere un mero obbiettivo contabile imposto dall’UE, ma destinata ad infliggere un colpo di grazia alle speranze di  ripresa economica del Nostro Paese.
Non mi pare vero assistere ad  uno scontro sulla manovra tutto  parametrato su quale categoria o settore della società debba pagare il prezzo più alto.
Mi sembra kafkiano che esponenti del mio partito e in generale della maggioranza teorizzino le più fantasiose modifiche, purché nel “rispetto rigoroso dei saldi”, come se il problema fosse di quadratura del bilancio dello Stato a prescindere dalle ricadute che ogni singola misura comporta e non di come fare ripartire un’economia  che  è  a un passo dalle recessione e quindi del coma irreversibile.
Ma la  cosa che reputo onestamente più insopportabile è che nessuno si chieda perché la nostra economia langui in tal modo e da tanto tempo.
È giunta l’ora di riconoscere il vero nodo gordiano, ossia un apparato normativo vetusto e inadeguato in quasi tutti i settori nevralgici, dal sistema previdenziale alla disciplina delle attività produttive e professionali, ma anche inutilmente farraginoso per gli innumerevoli vincoli burocratici e gli  insopportabili  condizionamenti introdotti via via ad ogni livello (tributario, contabile, amministrativo, autorizzativo ecc..), che hanno reso il nostro Paese invivibile per qualsivoglia attività imprenditoriale, con di contro una speculare esagerata implementazione del potere della Pubblica Amministrazione, spesso foriero di corruzione e disservizi
Se queste sono, per avventura, le vere ragioni del collasso produttivo italiano, di grazia come si può pensare di rilanciare un Paese con una manovra che non affronta nessuno di questi temi, ma alcuni perfino li aggrava?
 E allora, caro Angelino, non serve raggiungere accordi con la Lega,  se il tema della riforma previdenziale viene banalizzato a livello di dettagli insignificanti, per le pressioni di un partner che purtuttavia 20 anni fa era nato per cambiare un Paese che affondava per l’insipienza e la corruzione di una classe politica, la cui unica preoccupazione era la pratica del compromesso fine a se stesso,  pur di mantenere un mese in più, un giorno in più, o anche un’ora in più la gestione del potere, con l’esito che tutti conosciamo.
A distanza di 20 anni gli amici della Lega hanno avuto una evidente involuzione, diventando  una  tra le forze  più arretrate in termini di cultura politica del nostro Paese, incapace di analisi oggettive e tutta rivolta all’ascolto degli umori del proprio magmatico corpo elettorale.
Non voglio qui ricordare le vergogne del recente passato, a partire dalla guerra delle quote latte, il cui esito  ha scandalizzato giustamente l’Europa, ma non si può soprassedere su questa posizione conservatrice sulle pensioni! Atteso che i diritti quesiti non sono messi in discussione, bisogna rendersi conto  che si tratta di una materia fondamentale per il futuro di un Paese che, senza le necessarie riforme, non  può più  sostenere l’attuale  onere previdenziale, senza condannare alla disoccupazione i nostri giovani, a cui si continua a rubare il futuro.
Avallare la miopia interessata della Lega sarebbe uno scandalo di proporzioni bibliche.
Questo è lo scenario che attende un Paese ultraconservatore, condizionato da corpi economico-sociali animati da spirito protezionistico, il cui unico obiettivo è di mantenere inalterati i propri privilegi di casta, anche nella consapevolezza che, così facendo, l’intero sistema andrà a fondo, come in effetti sta accadendo.
Quello che avremmo già dovuto fare si sarebbe  dovuto iniziare qualche decennio fa,  in concomitanza con l’insorgere del fenomeno della globalizzazione dell’economia mondiale, che invece è stata affrontata con interessato provincialismo dalle nostre invincibili lobby e corporazioni varie e assecondata da un ceto politico di ambo gli schieramenti miope e rinunciatario, se non  addirittura complice.
In questo quadro ci viene offerta una possibilità unica e irripetibile per modernizzare l’Italia e tornare allo spirito del 1994.
Sotto la spinta della crisi mondiale e con gli obblighi imposti dall’UE, possiamo finalmente fare le cose giuste e modernizzare  questo Paese, a condizione di fare gli statisti e non i galoppini elettorali.
Non perdiamo questa opportunità.
L’antipolitica è alimentata soprattutto dalla reazione della gente all’incapacità della classe politica di trovare le giuste soluzioni per il sistema-paese, e non si esorcizza con blandi e poco convincenti tentativi di contenimento dei cosiddetti costi della politica, che purtuttavia si impongono  per ragioni morali,  ma unicamente assumendo le scelte giuste che, anche se impopolari, sono le uniche che servono alla tutela dell’interesse collettivo e che alla fine pagano, anche elettoralmente.
Con l’amicizia di sempre.


                                                                                        Nicola Bono

Nessun commento:

Posta un commento